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Flagship Store | Via Pontaccio 8/10, Milan

Lo spazio è un’illusione

Lo spazio è un’illusione

Un’omaggio a Nanda Vigo
04→11.2025

Lo spazio è un’illusione. Con questa premessa Moroso omaggia il lavoro di Nanda Vigo integrando alcune sue opere all’interno del Flagship Store di via Pontaccio 8 a Milano. Un’operazione che, nelle intenzioni di Patrizia Moroso, presuppone la comprensione dello spazio come un insieme di eventi che, nell’interazione costante tra persone, oggetti, colori, luci, suoni e odori, accadono e quotidianamente si rinnovano. Uno slancio coraggioso nel concepire la casa come un luogo dove mettere in scena lo spettacolo dell’abitare, in continuità con il pensiero della Vigo; una casa che perde la sua destinazione originaria a favore di un’ambiguità percettiva ma al contempo protettiva. Casa-rifugio in equilibrio tra intimità e apparenza, tra pubblico e privato, casa in grado di trasformare la vita stessa delle persone in un’opera d’arte.

Nanda Vigo: Sperimentatrice anticonformista

Dominique Stella, 8 aprile 2025

Nata a Milano nel 1936. Aveva lo studio a Milano, e spesso viveva in East Africa. Nanda Vigo ha mostrato un interesse per l’arte in età molto precoce, quando ha avuto l’opportunità di frequentare Filippo de Pisi, un amico di famiglia, e di studiare l’architettura di Giuseppe Terragni, nella quale ha subito percepito il sottile utilizzo della luce naturale. Ha studiato architettura presso il Politecnico di Losanna, ha lavorato come stagista a San Francisco, ed è poi tornata in Italia dove ha aperto il proprio studio a Milano. La caratteristica principale del suo lavoro è sempre stata il rapporto tra luce e spazio, che Nanda ha sviluppato in una serie di “ambienti” in cui si fondono architettura e design.

Nel 1959 ha iniziato a frequentare lo studio di Lucio Fontana e ha avuto modo di conoscere gli artisti che hanno fondato la Galleria Azimut a Milano: Piero Manzoni, Enrico Castellani e Vincenzo Agnetti. Durante questo periodo, ha sviluppato i rapporti con gli artisti del gruppo Zero in Germania, nei Paesi Bassi e in Francia, il che le ha dato l’opportunità di mostrare il suo lavoro in più di 400 esposizioni personali e collettive in tutta Europa.

Rimanendo fedele alle convinzioni artistiche che ha difeso nel corso della sua carriera, Nanda Vigo, nel suo lavoro ha mescolato arte, design, architettura e ‘ambienti’, senza operare alcuna distinzione tra queste tre discipline artistiche, e con l’intima convinzione che il concetto rende esplicita una ricerca rappresentativa, al di là dell’arte, di una via spirituale e quasi iniziatica. La sua carriera non convenzionale si è distinta per l’accento posto sulla ricerca libera da limiti disciplinari, in cui l’ispirazione nasce da teorie filosofiche piuttosto che da dottrine estetiche.

Nanda ha sempre privilegiato la sperimentazione e l’esplorazione di vie nuove: performance, installazioni, happening, fanno parte del suo linguaggio artistico, parallelamente all’esercizio dell’architettura che l’hanno naturalmente condotta verso il design.


Concetto spazio/luce

Nel ‘60 nascono i Cronotopi aprendo la via della sua ricerca sulla luce come elemento maggiore di una riflessione artistica che unisce arte, filosofia e spiritualità. Il suo lavoro rivela l’essenza della forma e della luce da cui ha tratto opere in grado di interagire, attraverso il loro irraggiamento, con le vibrazioni invisibili dello spazio. La sua arte esalta l’idea di uno spazio assorbito nell’immaterialità dei giochi di riflessi e luce, di trasparenza e illusione, capaci di turbare le menti.

Nanda Vigo si pone in una dinamica poetica e cosmica, vicina alle teorie del Gruppo tedesco Zero che intendeva esplorare le capacità di materiali, allora poco sfruttati nell’ambito artistico, stimolando le sensazioni legate al movimento e alla luce. Zero suggerisce di porre l’uomo in un sistema di riferimenti universali che non conosce limite né di tempo né di spazio. Per convinzione e affinità Nanda Vigo si lega quindi al gruppo tedesco di cui adotta i principi fondamentali del «Cosmic Power», privilegiando l’esplorazione piuttosto che l’analisi, ispirandosi a teorie filosofiche piuttosto che a dottrine estetiche. Gli interni, come gli oggetti d’arte, da Lei concepiti, obbediscono a questa teoria globale.

Oggetti in mostra

Nanda Vigo, Cronotopo

Il Cronotopo

Nel 1959 concepisce le sue prime opere che intitola Cronotopi (etimologicamente Spazio-Tempo) traducendo con questa denominazione la propria ricerca filosofica sui concetti di tempo e di spazio.

«Cronotopo è al di fuori del centro, verso la non-dimensione, verso la metafisica che, fondendosi con la realtà del materiale, acquisisce un’estrema precisione nel suo lavoro»1 scriveva Schoonhoven. L’abolizione di ogni dimensione temporale e spaziale corrisponde in Nanda alla volontà di accedere ai gradi superiori dello spirito. Il cronotopo rappresenta la fusione del tempo (cronos) con lo spazio (topos) attraverso la luce. Il Cronotopo mette in scena la luce indiretta, filtrata dai materiali che generano impressioni di mutazione, di sensazioni incerte nella percezione dello spazio, la variabilità degli effetti di luce induce una lettura indefinita delle forme.

Si tratta di un concetto destinato a rompere i limiti fisici dello spazio per giungere a un benessere psicologico. L’artista raggiunge questo stato ideale attraverso l’ottimizzazione della variabilità della luce al neon integrata a una struttura di vetro e di alluminio. Questa unione crea una perturbazione visiva amplificata dalle superfici riflettenti. È una concezione globale alla quale Nanda attribuisce un valore spaziale, temporale e soprattutto metafisico.

1 I. J. Schoonhoven, 1965 dal catalogo della mostra presso la Delta Kunstring Gallery di Rotterdam, 1965.


Trigger Of Space (Stimolatore di Spazio)

La forma della piramide è, nel lavoro di Nanda Vigo, un riferimento, di valore iniziatico alla radiazione di energia emanata dalla piramide di Cheope: «Light perfetto, del centro di Cheopes» scrive Nanda. Nel suo testo Exoteric Galte (attraverso il sogno cosmico) del 1976, l’artista mette in evidenzia una trilogia a tre livelli tra reale, irreale e trascendenza. Tre stati alla base della sua ricerca, che le superfici riflettenti riescono a innescare «[…] determinare il momento esatto in cui l’irreale diventa reale per assumere l’aspetto trascendente dell’illusione».

Attraverso la serie dei lavori Trigger of the Space, iniziata negli anni ’70, Nanda Vigo modula e modifica il nostro spazio-tempo, con riferimenti tratti dall’Alfabeto Cosmogonico, primo e più antico linguaggio di scrittura dal quale Nanda estrapola le forme geometriche del quadrato e del triangolo. Rappresentano rispettivamente la terra e il cielo e la ispirano nella realizzazione di elementi geometrici piramidali e specchianti.

Gli Stimolatori di spazio sono sculture luminose dai riflessi intensi sono realizzate con specchi e luci al neon. Appaiono come trampolini di slancio verso nuovi mondi, porte aperte verso universi immensi e sconosciuti. Sono spazi da vivere e quando vi si penetra, si è catturati da una visione multipla di diffrazioni continue ed infinite che confrontano lo spettatore alla propria immagine e al suo proprio stato di “riflessione”. La realtà del corpo e dell’immagine è messa in causa: lo “stimolatore” diventa luogo di metamorfosi. Per raggiungere alla sua dimensione mistificante, l’opera, che acquisisce valore solo nel momento del “vissuto”, attiva il sentimento di illusione e di smaterializzazione, scopo ultimo al quale l’artista ambisce.


Light Trees (Alberi di Luce)

Sono sculture e determinano uno degli assi principali della ricerca dell’artista negli anni ’90 in poi e segnano un periodo transitorio, in cui tecnologia e poesia si completano per trasmettere al meglio l’espressione delle forze vitali e l’aspirazione alla verticalità emblematica dell’albero.

L’artista ne fa una descrizione precisa: «La poetica del progetto di questi Light Trees è un racconto di deviazioni sonore, musicali, riunite in schemi formali che si riferiscono alla prima evoluzione dei segni cosmogonici, e cioè alla simbologia dell’albero, considerato dalle antiche scritte come produttore di vita: radici nella terra, ramo verso il sole, figurazione logica soprattutto se il ramo apporta la luce la cui propagazione nello spazio ci dà la formulazione matematica, l’unica. Non relativa»2. Per Nanda i Light Trees, anche se vengono appesi a parete, hanno un valore totemico. L’artista vi preserva l’aspetto tecnologico in un’evidente armonia poetica ottenuta attraverso l’utilizzo di una simbologia delle forme capaci d’indurre suggestioni mentali.

Infatti, al di là del messaggio di verticalità, gli Alberi di Luce sono rivestiti di schermi frammentati a forma di elementi primordiali che si riferiscono all’Alfabeto Cosmogonico: quadrati, rettangoli, cerchi di vetro scanalato o smerigliato, frammenti geometrici di specchi che servono da filtro per decostruire l’effetto di verticalità dei neon di luce. In quel modo l’oggetto si libera della dimensione funzionale per diventare scultura.

2 Da un testo di Nanda Vigo del 13 settembre 1983, pubblicato in Nanda Vigo, Light is Live, Johan & Levi editore, Milano, 2006, pag. 68.


Dynosaurs Box

Questa scatola è una camera da viaggio nel tempo: una Trip’s room miniaturizzata che si riferisce ai passati lontani e ai ricordi più personali dell’artista. Nanda, in questa scatola, ha catturato una parcella di vita preistorica e l’ha intrappolata in un labirinto di vetri e specchi, che riflettono i corpi blu dei dinosauri, testimoni di epoche remote ma sempre vive nella sua mente. L’installazione sottolinea il valore del passato, componente base dell’esperimento dell’artista.

Nanda Vigo percorre con ossessiva volontà la strada che consentirebbe di intravedere una sapienza universale, tramite un viaggio che sviluppa i punti effimeri di ricordi preziosi racchiusi in oggetti minimi legati ai momenti intimi di vita. I dinosauri, animali fantasmagorici tratti da mitologie arcaiche – che Nanda definisce « Karmatiche »  –  fanno parte della memoria intima e universale e si riferiscono all’infanzia dell’artista, quando da bambina s’immergeva nella lettura degli album di Flash Gordon. I mondi di fantascienza hanno modellato l’anima della bambina che, da adulta, ha proiettato le meraviglie e le paure vissute attra

Manifesti in mostra

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